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Di Andrea de Prisco
C'era una volta il
Macintosh... un simpatico parallelepipedo a sviluppo verticale, appendice a forma di topo, schermo bianco, tastiera e fessura per i microdrive. Con questo era particolarmente divertente, nonché molto facile, fare tutto: tutto ciò che un computer sa fare, che un utente possa desiderare, e tant'altro... compreso molte cose che gli «altri» non fanno o non fanno con altrettanta facilità. Nacque così la filosofìa Macintosh: tramite mouse possiamo interagire facilmente col sistema operativo, con i programmi e con le periferiche della macchina. Il tutto nel modo più intuitivo possibile, manipolando oggetti visibili e (attraverso il mouse) tangibili. L'idea |
non è nuova, ne tanto meno
nata in casa Apple: dobbiamo fare un salto indietro di qualche anno,
presso i laboratori della Xerox, per trovare il primo vero e proprio
mouse system. Bisogna comunque riconoscere che la diffusione di tale
interfaccia è dovuta, senza dubbio, alla Apple: per prima l'ha
implementata su sistemi personali, sul Lisa prima (esperimento non
troppo riuscito), sul Mac dopo (esperimento riuscito a perfezione). Dopo il primo Macintosh, 128 K di Ram, 64 K di Rom... e tanta voglia di vivere (!), mentre si vociferava già l'arrivo di una nuova macchina a colori compatibile con la prima, arrivò il Mac plus: in breve, tanta memoria in più, Ram, Rom e disco, che in un sol colpo liberavano |
tutta la potenza nascosta
non ancora completamente sprigionata. E fu un secondo successone. A distanza di poco più di un anno, signore e signori il colore è servito: la nuova macchina si chiama, ovviamente, Macintosh II (alla Apple il simbolo lì ha sempre portato bene... a quando un Mac II GS con l'intero Mac II singli chip al suo interno?) il quale offre moltissime caratteristiche interessanti. La grossa novità infatti non riguarda il colore, ma l'architettura della macchina, questa volta molto aperta, con tanto di slot interni per ospitare espansioni di qualsiasi genere: dalla Ram alle schedi video, dalle interfacce più disparate a veri e propri computer su scheda in |
Estratto da MCMicrocomputer n° 65, edizioni
Technimedia, Roma
Autorizzazione alla pubblicazione concessa.